Alla Giara di Pesaro, cucina solidale e sostenibile si uniscono alla tradizione. Tra tagliatelle al ragù e pasticciata, l’ospite è sacro e ogni piatto diventa un gesto d’amore
Nel primo entroterra pesarese, con lo sguardo rivolto al mare, la famiglia Scaglioni, con Luca in cucina e Roberto in sala, continua a far vivere la tradizione del Ristorante La Giara. Una tradizione che si rinnova ogni giorno, ma che non rinuncia ai suoi pilastri: alcuni piatti simbolo non verranno mai tolti dal menù. Perché qui la memoria ha un gusto preciso, e non si dimentica.
Nei giorni in cui La Giara apre agli ospiti, tutto profuma di casa e autenticità: le tagliatelle al ragù con pisellini e fave e la pasticciata pesarese sono capolavori intoccabili. Richiestissime, attese, rivendicate. Perché alla Giara il “ripasso” è un diritto: proprio come avveniva nelle grandi tavole contadine italiane.
Dal punto di vista gastronomico, le tagliatelle al ragù della Giara sono una vera enciclopedia della cucina tradizionale: un racconto gustoso che attraversa Pesaro e tutta l’Italia. Sono la dimostrazione vivente del motivo per cui la cucina italiana resta, senza rivali, la migliore al mondo. Ma La Giara è anche gioia. La si percepisce nel modo di operare dei titolari: una cura che unisce solidarietà, sostenibilità e solidità gastronomica. E ogni piatto, ogni gesto, diventa un atto d’amore verso l’ospite.

Luca, in cucina, è un maestro della classicità pesarese: le sue tagliatelle fatte a mano strappano applausi persino alle più esperte signore della sfoglia. Il suo ragù non si limita ad avvolgere il palato: parte dalla mente, passa dal cuore e arriva dritto allo stomaco, lasciando dietro di sé solo felicità. In sala, Roberto, con i suoi due straordinari figli, è il perfetto gentiluomo dell’ospitalità. Si muove con eleganza tra i tavoli, coccola l’ospite, lo rende protagonista di un’esperienza autentica. E poi c’è lei, la pasticciata della Giara. Un consiglio? Fate la scarpetta. È concessa, anzi, caldamente consigliata. Perché quel sughetto non può restare nel piatto. Deve essere raccolto con un buon pane e celebrato fino all’ultimo boccone.
Gioacchino Rossini, maestro pesarese e re della musica italiana, pare abbia pianto solo tre volte nella sua vita. Una quarta lacrima, forse, l’avrebbe versata assaggiando – con commozione – le tagliatelle e la pasticciata della Giara.