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Secondo il Maestro Crestini, la raccolta libera va tutelata, ma servono garanzie anche per chi ha investito nella tartuficoltura. No a leggi assurde che ignorano la natura incerta di questo fungo

Il Maestro del Tartufo Pino Crestini di Sestino, noto comunicatore di questo prezioso fungo ipogeo, fa chiarezza sulle nuove leggi che stanno per essere discusse al Senato ed esprime il suo parere con nettezza e lungimiranza.

Giuseppe Cristini e Pino Crestini

«In Italia abbiamo più o meno 250.000 persone che vanno a cercare i tartufi ed è ormai una tradizione consolidata nel tempo che dev’essere giustamente tutelata. Dall’altra parte, però, ci sono tante migliaia di persone che hanno provato a fare la tartuficoltura (io in particolare di tartufo bianco), che è esattamente l’opposto della tartuficoltura ormai confermata, fatta di melanosporum ed aestivum, che ha oramai una sua certezza.

Le due idee possono convivere perfettamente, ma chi ha fatto un lavoro a suo discapito e senza assolute certezze nella tartuficoltura, investendo idee, tempo e denaro, abbia anche lui le proprie tutele.

Io dico che le leggi devono certamente tutelare chi va nella raccolta libera, ma è altrettanto giusto che a chi, nella tartuficoltura, ha fatto un piccolo o grande investimento, non gli vengano tagliate le gambe come hanno fatto certe regioni, come la Toscana, dove hanno fatto delle leggi assurde che non farebbero neanche in Corea del Nord.

Abbiamo ricordi storici: certe leggi, come quella Salari, che fu la prima legge del tartufo, non hanno funzionato.

Ricordiamoci inoltre che nel tartufo non ci sono certezze e dobbiamo guardare di anno in anno, perché la natura di questo fungo è imponderabile e non dà garanzie assolute.
Chi crede di andare nel bosco e raccogliere il tartufo come fossero patate si sbaglia di grosso».

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