Fra i prodotti alimentari del bosco, i tartufi occupano, senza ombra di dubbio, il posto d’onore, soprattutto per la prelibatezza che ha guadagnato loro il titolo di diamanti della cucina. Da sempre hanno costituito una vivanda gustosa e ricercata.

A quanto si legge, già i Babilonesi li conoscevano i tartufi, ma sicuramente i romani amavano cibarsene nei loro sontuosi convivi e di certo facevano parte dei favolosi banchetti delle corti rinascimentali. Ancora oggi il poter offrire ai commensali piatti a base di tartufo è segno di raffinatezza e di prestigio. E pensare che si tratta di un fungo schivo e misterioso che non si presenta come gli ovuli o i porcini, ma che si cela sottoterra con la ritrosia dei dormienti.
I tartufi che botanicamente sono ascomiceti ed appartengono al genere Tuber, si presentano con forme, colori e dimensioni varie e se il buon Dio e la stagione lo permettono, ci si può deliziare del tartufo fresco durante tutto l’anno poiché diverse sono le epoche in cui si raccolgono le specie commestibili.

Nelle brumose giornate autunnali niente scalda di più il cuore che l’intenso particolare profumo del tartufo bianco, il Tuber magnatum. In quelle rigide invernali non c’è niente di meglio di una calda vivanda ai tartufi neri dolci come il Tuber melanosporum o forti come Tuber brumale. In primavera si può contare sul profumo forte e penetrante del marzuolo Tuber albidum mentre sotto il caldo delle giornate estive niente di meglio del tenue e delicato profumo del tartufo della scorza il Tuber aestivum. Poi sul finire dell’estate prima di tornare ad inebriarsi con l’intenso profumo del bianco pregiato, possiamo preparare il palato con il gradevole sapore del Tuber macrosporum.

Un giorno l’ufficiale donò all’imperatore un paniere di tartufi ed esattamente nove mesi più tardi, giurano nel Perigord, Maria Luigia gli donò un figlio il re di Roma.
La conferma della forza afrodisiaca del tartufo è pubblicata nella rivista “recerche”  che chiarisce il mistero. Grazie ai lavori di ricercatori tedeschi dell’Istituto di fisiologia dell’università di Lubecca. Questi hanno dimostrato che il tartufo contiene fra le sostanze odoranti un alcool volatile dall’odore muschiato, derivato dall’androstano, molto vicino al testosterone, che potrebbe essere considerato un feromone sessuale umano o comunque un messaggero chimico che ha un effetto stimolante. Tuttavia, l’essere umano è incapace di individuare con esattezza l’ubicazione sotterranea del tartufo maturo e deve ricorrere ad un animale dall’odorato molto sensibile.
Oggi  la ricerca viene effettuata, tutti lo sappiamo,  con l’ausilio dei cani addestrati, mentre un tempo si usavano le scrofe, capaci di scoprire un tartufo fino a un metro di profondità. Purtroppo la loro impetuosità nello scavare comporta il deterioramento del micelio, per cui è prevalso l’impiego del cane, anche in considerazione del fatto che è molto più agevole spostarsi da un posto all’altro con questo secondo animale.

Comunque è oggi spiegato l’atteggiamento impetuoso della scrofa che è incapace di resistere all’odore del tartufo. Questa scava per disotterrare il tartufo perché reagisce al suo aroma  per un comportamento sessuale di accoppiamento, riconoscendo nell’odore del fungo quello esalato dal verro, cioè maiale maschio non castrato.  Infatti, nel periodo precupolativo, la saliva del verro contiene un miscuglio di molecole, appartenenti al gruppo degli steroidi non androgeni, a 19 atomi di carbonio, col doppio legame in C16, derivanti dall’androstano, di cui fa parte questo alcool volatile, che avrebbe pertanto il sicuro ruolo del feromone sessuale per la specie suina.
Si tratterebbe ugualmente di un feromone sessuale umano, poiché lo stesso miscuglio di molecole che si trova sintetizzato nei testicoli dell’uomo, migra nelle ghiandole sudoripare ascellari, dove viene segreto con il sudore. Si ipotizza l’effetto erotizzante di questo alcool volatile dall’odore muschiato attraverso i risultati sperimentali ottenuti dai ricercatori dell’Università di Birmingham. Questo alcool pertanto stimola nell’uomo il desiderio erotico e quindi il tartufo contenendolo è uno stimolante chimico e ci potrebbe preoccupare per la salute per via di eventuali intossicazioni, ma questo danno è quanto mai improbabile poiché la sua concentrazione è di 50-60 nanogrammi per grammo di tartufo fresco.
Semmai l’unico grosso inconveniente, con le immaginabili conseguenze che un abbondante consumo di tartufo avrebbe sulla vita amorosa delle persone, è rappresentata dall’infarto, ma non tanto a causa di un aumento dell’attività amorosa, quanto piuttosto a causa della fattura del ristorante.

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